
MOBILITIAMOCI di Bernardino Casadei
La decisione del Governo di inserire una franchigia sulle
detrazioni e deduzioni relative a donazioni per scopi di pubblica
utilità equivale ad eliminare tale incentivo, in quanto la media delle
detrazioni è inferiore ai 250€, mentre quella delle deduzioni è di poco
superiore. Si tratta di una decisione grave per molteplici ragioni.
Grave innanzitutto perché i beneficiari ultimi di queste donazioni
sono soprattutto i soggetti più poveri e svantaggiati, che rischiano
così di essere ulteriormente emarginati e penalizzati.
Grave perché gli enti non profit, che rappresentano un’importante
opportunità di lavoro soprattutto per le giovani generazioni e che già
devono fronteggiare una drastica riduzione dei trasferimenti pubblici,
rischiano di vedere ulteriormente ridursi una fondamentale fonte
d’entrata, con conseguenze che è facile immaginare.
Grave perché il dono, per sua stessa natura, genera fiducia e
relazioni e quindi quel capitale sociale di cui abbiamo un così evidente
bisogno per rimettere in moto l’economia e superare la crisi presente.
Grave perché non stimolando le donazioni private si ostacola
l’emergere dell’unica alternativa ragionevole alla crisi dello stato
sociale, ossia lo sviluppo di una comunità solidale e sussidiaria.
Grave anche per i conti pubblici, dato che un incentivo a favore
delle donazioni può mobilitare risorse pari sino a cinque volte il suo
costo, risorse che poi vengono, di norma, gestite in modo più efficiente
ed efficace rispetto agli interventi diretti della pubblica
amministrazione. Il Governo sembra dimenticare come, senza l’attività di
prevenzione fatta dal privato sociale, il numero dei casi in cui
l’intervento pubblico è imposto per legge non potrebbe non crescere
esponenzialmente, con costi per l’erario ben superiori ai risparmi
ottenuti riducendo gli incentivi.
Ma ciò che è, a mio avviso, più grave è la sostanziale passività da
parte del terzo settore. Che il Governo nel disperato tentativo di far
quadrare i conti possa fare degli sbagli è comprensibile, ma che il
privato sociale non si mobiliti con tutte le sue energie per evitare
tali errori è molto preoccupante ed è un sintomo di come il nostro mondo
non sappia ancora organizzarsi e lavorare insieme per conseguire
obiettivi comuni nell’interesse di tutti.
Abbiamo relazioni, abbiamo competenze specifiche nella mobilitazione
della società, usiamole. Scriviamo e sensibilizziamo i nostri
parlamentari e i membri del governo, contattiamo giornalisti e opinion
leader, coinvolgiamo le realtà con cui collaboriamo, mettiamo all’opera i
nostri volontari, amici, donatori, insomma, mobilitiamoci non per
difendere interessi corporativi, ma per garantire lo sviluppo del nostro
Paese e costruire assieme una società di cui possiamo essere fieri,
magari approfittando di quest’occasione per promuovere quella cultura
del dono senza la quale ogni progresso si rivela presto falso, illusorio
e sostanzialmente non sostenibile.
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